Intervista a Marco Colonna
Problematiche e riflessioni sulla relazione tra improvvisazione e libertà, l’inserimento della Conduction nell’universo musicale e
alcune considerazioni riguardo un possibile rapporto con la didattica.
«Prima di tutto
penso che descrivere il mio percorso sia doveroso per inserire l’esperienza di Conduction con Butch Morris nel posto
che le spetta. Mi sono trovato sempre a mio agio in quella terra di nessuno che
è l’espressione artistica travalicante generi ed etichette, partendo da una
preparazione jazzistica ho incontrato la musica classica contemporanea e seppur
da un’ottica comunque anti accademica, l’ho frequentata attivamente e questo
sempre per approfondire contenuti e tecniche alla continua ricerca del mio
suono. L’esperienza con Morris la annovererei per forza di cose in un’ottica di
esperienza di studio, e diciamo che questa affermazione porta il seme di una
sintesi sui processi dell’improvvisazione e la composizione informale che mi
porto dentro, in cui le pratiche non accademiche sono rivelatrici dell’essenza
della musica ancestrale che ci portiamo dentro, una sorta di archetipo del
suono, che dimentichiamo di frequentare, soprattutto in un'epoca in cui
l’insegnamento è nozionistico e tecnico prevalentemente e tralascia molto
spesso la componente umana e sociale che servirebbe a creare operatori
coscienti e critici nell’ambito artistico. Per cui l’archetipo del suono come
primaria forma didattica e conoscitiva delle possibilità “naturali” del
musicista.
Incontrare Butch
Morris è incontrare uno sciamano, che conosce la via e che la svela poco alla
volta lasciando sempre l'idea che c’è molto altro da scoprire, capace di creare
tensione sul silenzio delle proprie parole, non tralasciando il fascino del suo
ruolo. Essere un colore nelle sue mani è stata un’esperienza fondante anche sul
modo di fruire l’arte figurativa ed inglobarla in un processo organico alla
musica.
“I give you LIBERTY not Freedom”. Questo
è quello che ci ha detto durante le prove e che è servito a chiarire il
processo nella maniera più profonda e consapevole.
Seppur la differenza tra i due termini appare più legata ad una terminologia tecnica che alla semantica, è proprio la semantica che entra in gioco. Il significante utilizzato è foriero di chiarezza. La libertà è consapevole, limitata, incanalata, piegata e processata, non un gioco in cui perdere la direzione e sentirsi spauriti e soli (come a volte capita nelle sedute di improvvisazione radicale, soprattutto fra musicisti poco affini e poco convinti del processo di acculturazione che sta alla base di ogni set di improvvisazione), ma una FORMA essa stessa. Una forma di linguaggio con molteplici variabili, ma con una forte connotazione strutturale, e semantica tipica del linguaggio. La percezione della differenza potrebbe essere esemplificata attraverso l'immagine di un bimbo che senza nessun controllo dei mezzi tecnici disegna su un foglio. I primi esperimenti intorno ai due anni, portano il colore in evidenza. Può essere suggestivo e noi possiamo trovarci i più poetici riferimenti, ma è amorfico, non c’è riferimento alcuno se non la scoperta della materia. Ben diverso qualche mese dopo, quando una macchia di colore nasce da un concetto, da una direzione, da una necessità di descrizione. I mezzi sono più o meno gli stessi, ma il risultato nella sua valenza semantica appare plastico e definito. Ovvero è Arte. Espressione di una visione e volontà di rappresentazione a tutti gli effetti.
Seppur la differenza tra i due termini appare più legata ad una terminologia tecnica che alla semantica, è proprio la semantica che entra in gioco. Il significante utilizzato è foriero di chiarezza. La libertà è consapevole, limitata, incanalata, piegata e processata, non un gioco in cui perdere la direzione e sentirsi spauriti e soli (come a volte capita nelle sedute di improvvisazione radicale, soprattutto fra musicisti poco affini e poco convinti del processo di acculturazione che sta alla base di ogni set di improvvisazione), ma una FORMA essa stessa. Una forma di linguaggio con molteplici variabili, ma con una forte connotazione strutturale, e semantica tipica del linguaggio. La percezione della differenza potrebbe essere esemplificata attraverso l'immagine di un bimbo che senza nessun controllo dei mezzi tecnici disegna su un foglio. I primi esperimenti intorno ai due anni, portano il colore in evidenza. Può essere suggestivo e noi possiamo trovarci i più poetici riferimenti, ma è amorfico, non c’è riferimento alcuno se non la scoperta della materia. Ben diverso qualche mese dopo, quando una macchia di colore nasce da un concetto, da una direzione, da una necessità di descrizione. I mezzi sono più o meno gli stessi, ma il risultato nella sua valenza semantica appare plastico e definito. Ovvero è Arte. Espressione di una visione e volontà di rappresentazione a tutti gli effetti.
Il musicista
acquisisce tonnellate di informazioni, tecniche e generali sullo strumento che
suona, sulla musica in generale, senza però affrontare nel suo percorso di
studio quella fase di transizione fra magma sonoro e definizione degli intenti.
La Conduction è assolutamente un
metodo per entrare in conflitto con questa mancanza. Negli scopi del suo
inventore è una metodologia di direzione orchestrale altra, un modo di gestire
l’improvvisazione collettiva, mantenendo la forma classica del direttore e
l’orchestra in cui la dipendenza ovviamente è più forte che nella forma
classica semplicemente perché la
partitura non è medium fra direzione e tecnica. La partitura si sviluppa in
tempo reale in un processo istantaneo. Ed è facile immaginare che il risultato
sarà sempre diverso e vario in funzione dei colori (orchestrali) a
disposizione. Basti pensare che Butch Morris ha diretto da ensemble di musica
tradizionale alle grandi orchestre sinfoniche. Direi che la CONDUCTION è nella
sua forma di applicazione una tecnica. Ma una tecnica la cui conoscenza si basa
su valori completamenti alterati rispetto al concetto di tecnica in vigore.
L’essere musicista non è più un fattore di competenze tecnicostrumentali, bensì
un complesso di conoscenze e consapevolezze, umane in primis e poi
strettamente musicali.
Va
da sé che nel suo processo didattico e come forma d’arte tu cur rappresenti un confine. Ma nella
mia visione della cosa, un confine che sta dietro il nostro viaggio non avanti.
Non rappresenta l’avanguardia dell'espressione artistica, ma la sua radice, il
suo processo naturale. L’improvvisazione al suo stadio profondo.
Interpretazione della realtà profonda delle cose. Fatta appunto di
consapevolezza e coscienza».
Commenti
Posta un commento